Il forno oggi

Insieme a Matteo Calzolari, un gruppo di giovani porta avanti con passione un lavoro quotidiano di ricerca, sperimentazione di nuovi impasti, recupero di grani quasi scomparsi e tecniche di panificazione dimenticate.

Le fornaie e i fornai del Forno di Calzolari si dividono le notti per continuare a portare avanti un modo di fare il pane che non vogliamo lasciar andare. Le autiste e gli autisti muovono ogni giorno tutto ciò che sforniamo, con un nuovissimo furgone elettrico che affronta le discese da Monghidoro ricaricandosi e di slancio consegna per la città di Bologna e San Lazzaro, e ritorna leggero su in montagna senza inquinare. Il gruppo di ragazze e ragazzi che accoglie chi entra nelle nostre botteghe fa un lavoro quotidiano di racconto e consiglio che ha creato piccoli mondi di amicizia in ognuno dei negozi 

Ogni giorno cerchiamo di far conoscere la storia antica della panificazione, il suo profumo, guardando al futuro. E per farlo, siamo nella ricerca continua della fiducia. Fiducia che per noi è una parola che vale molto: un atteggiamento da coltivare giorno dopo giorno, sfidando vecchi pregiudizi. Fiducia fiducia l’uno nell’altro, agricoltor*, mugnai*, fornai*, commess*, autist*, che è la stessa fiducia che chiediamo a chi acquista il nostro pane.

Percorso di riscoperta

All’inizio degli anni 2000 Matteo inizia un percorso di riscoperta, con tutta la potenza fatta di tradizioni, relazioni e riti che questa parola porta con sè. Insieme ad un gruppo di agricoltori comincia a provare a riseminare tantissimi tipi di grano. In una valle, quella del torrente Lognola, in cui un tempo esistevano più di 40 mulini, nessuno o quasi ricordava più quali varietà si coltivassero. Il grano era sparito dalla montagna, insieme ai rapporti e alle amicizie.

La proposta di coltivare antiche varietà di grano è una sfida per gli agricoltori. Si parte da zero, con tutti i rischi del caso, perché negli anni la ricerca scientifica e la pratica agricola hanno concentrato le energie sulle varietà moderne, a taglia bassa, perfette per la coltivazione intensiva in pianura aiutata da diserbanti e fertilizzanti. Non è quello che immaginano Matteo e gli altri per la montagna, dove le pendenze, la biodiversità, il vento e il clima giocano un ruolo importante.

Anni di esperimenti in campo con gli agricoltori e al mulino, quello di Carlo Foralossi, l’ultimo ad acqua sul Fiume Santerno con macine in pietra del 1890, per ottenere il grano giusto per farine vive, panificabili e profumate. Alcuni grani vengono abbandonati, altri diventano la base per il miscuglio di Grani Alti - oggi la “Popolazione Resistente della Valle del Lognola”. 

Gli esperimenti continuano anche all’interno del forno dove dal 2001 Matteo inizia a reintrodurre l’uso della pasta madre solida, che nasce un giorno da una fermentazione di fermenti lattici, miele e crusca di cui ancora oggi si possono sentire i profumi. Ovviamente, il lievito viene battezzato e prende il nome di Gino, in onore di un celebre verso di Zucchero Fornaciari. Il suo compleanno è il 21 ottobre.

Nasce così il pane di “grani antichi”, per gli amici il Ruzzlòn, fatto solo di farina macinata a pietra, lievito madre, sale e acqua di montagna. Cotto nel nostro forno a pietra.

Da filiera a comunità

Nel frattempo, la nuova filiera si allarga ad ogni annata agraria, e giorno dopo giorno diventa la Comunità Grano Alto, un gruppo di persone di montagna (ma anche di città) che si sono ritrovate e legate attorno al grano. Coltivato per il pane, ma anche come atto di riappropriazione della memoria, della storia e del territorio.

Grazie all’impegno sui campi delle famiglie di Luca Minarini, Teresa Michelini, Alessandro Ropa, Francesca Mignani, Luca Berti, Massimo Gnesini, Barbara Paolini, Marco Lelli e alla competenza di Antonio Lo Fiego che si occupa di pulire e certificare le sementi della Comunità, oggi il Forno di Calzolari è il principale trasformatore di una filiera cerealicola che coltiva circa 100 ettari all’anno in rotazione, approvvigionando così i suoi laboratori con farine di alta qualità e nel rispetto del territorio in cui opera.

I nostri grani sono Alti perché a volte superano il metro e ottanta di altezza, alti perché coltivati in quota, almeno sopra i 400 msl, alti di statura morale perché insieme alla Comunità è stato stabilito un prezzo giusto di acquisto, molto più alto di quello proposto dalla borsa del grano.

Dal 1956 agli anni ‘90

La storia del nostro forno di montagna è lunga più di 60 anni: sessant’anni di cibo semplice e pulito, di gesti ripetuti e tramandati, di tempi e stagioni aspettate, di riti quotidiani.

Matteo Calzolari raccoglie il testimone da una famiglia di fornai e fornaie, il nonno, lo zio, e poi i genitori Franco e Graziana che alla vigilia di Natale del 1956 aprirono il forno di Monghidoro.

Quando nel 1992 Matteo inizia a lavorare, di notte col babbo Francone, si addormenta in piedi. Col tempo il corpo prende il ritmo del pane, le mani iniziano ad andare da sole, impara ad ascoltare i propri pensieri e la testa può liberarsi dalla fatica e volare alto, come piace fare a Matteo col parapendio sopra i monti dell' Appennino.

Quello che si vede da lassù, insieme alla curiosità per il “cibo lento” (Slow Food) di cui si iniziava a parlare e un viaggio nelle Marche insieme ad alcuni agricoltori per visitare un mulino a pietra, lo portano a chiedersi da dove venga la farina che ogni notte si trova per le mani. Il risultato dell’industrializzazione degli anni precedenti aveva completamente cancellato le relazioni tra chi fa il pane, chi fa la farina e chi coltiva il grano.